– La vita nella Commenda

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Nei periodi storicamente documentati della Commenda di Centignano, troviamo un solo Commendatore che abbia abitato per un certo tempo nella casa che costituiva, con la chiesa, il centro dei possedimenti: Niccolò Tornaquinci.

Normalmente i Commendatori, nobili di antico lignaggio, stante la localizzazione delle Commende, per lo più non vicinissime a città importanti, preferivano far gestire gli affari delle proprietà a loro affidate a delegati, che potevano anche essere familiari.

RITRATTO DI CAVALIERE DI MALTA FIORENTINO XVI SECOLO

RITRATTO DI CAVALIERE DI MALTA FIORENTINO SC. XVI

Niccolò, invece, ci lascia uno spaccato vivido e moderno di cosa era la vita non solo in un luogo come Centignano nella seconda metà del XVI secolo, ma anche nell’ Italia Centrale, attraverso il suo “Quadernuccio dei Ricordi”, in realtà un registro su cui venivano riportate le varie entrate ed uscite della Commenda, conservato nell’Archivio dei Cavalieri di Malta a Roma.

Nell’aprile del 1577 Niccolò, con la lettera patente che lo nominava Commendatore, parte da Malta in galea, sbarca a Gaeta, e con il denaro avuto in prestito da frà Pietro Spina, altro cavaliere che sicuramente ha combattuto a Lepanto a fianco di Don Giovanni d’Austria, affronta il viaggio da Gaeta a Firenze, sua patria.

Qui come prima cosa il 27 aprile 1577 chiede in prestito al Monte di Pietà di Firenze 200 fiorini, con la garanzia di Girolamo di Giovanni Antonio Tornaquinci e di suo fratello Benedetto.

Con il denaro ricevuto comincia a preparare quanto necessario per la sua permanenza a Centignano:

  • Un paio di scarpe e uno di pianelle
  • Un paio di stivaletti incerati
  • Un ferraiolo (mantello) di “panno e velluto volto”
  • Un colletto bianco con i bottoni grigi
  • Tre paia di calze
  • Un paio di pantaloni di “ciambellotto”, un tessuto misto di pelle di capra, lana e seta
  • Quattro paia di forbicine
  • 12 forchette e 12 coltelli
  • Una lanterna e un lume
  • Una bisaccia di tela da sella
  • La riparazione di una balestra comprese le corde
  • Due casse per il trasporto

Con queste cose, Niccolò lascia Firenze il 18 maggio 1577 a cavallo alla volta di Viterbo e di Centignano. Il 19 maggio è a Poggibonsi, dove cambia tre cavalli. Da Poggibonsi, seguendo la Via Cassia, va a Siena. Il 20 è a Torrenieri, vicino Montalcino. Il 23 giunge a Viterbo, dove il 25 alla Fiera della Quercia compra della tela per materassi, con cui dal materassaio Lorenzo a Viterbo si fa preparare 6 materassi, 6 cuscini e 3 capezzali. Sempre a Viterbo completa gli acquisti con lucerne, calamaio di terracotta, bambagia per le lucerne, staii per la farina, mestoli di legno, stoviglie. In un giorno imprecisato, arriva a Centignano, dove l’8 giugno comincia a riattare la porta della chiesa e dell’orto comprando ferramenta da Mastro Michelangelo fabbro di Vignanello e tavole di legno da Mastro Bartolomeo da Pisa abitante in Soriano. La Commenda sembra in uno stato di abbandono.

Sempre a giugno chiama un muratore di Vallerano, Mastro Donato, per riattare un muro e riparare un’arcata sopra una porta. Mastro Bartolomeo da Pisa abitante in Soriano lavora quattro giornate a riattare porte e finestre e viene pagato il 27 giugno.

Nel frattempo Niccolò è raggiunto da Monna Antonia, serva e da Marco da Figline, servo. Il 20 giugno riceve dal cappellano frate Pietro da Orte 7 barili di vino bianco per uso personale. Le consegne seguiteranno. Sempre nello stesso periodo comincia il riattamento dell’orto e della parte seminativa della commenda. Il 13 settembre vengono pagati cinque uomini venuti a zappare la terra. Il fattore è un certo Diego da Vignanello.

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LA COMMENDA AGLI INIZI DEL XVII SEC.

Il 12 novembre avviene un fatto importante, che testimonia anche i rapporti fra la commenda e Vignanello. Il Balio della Corte e Comunità di Vignanello emette un bando concertato fra il Podestà di Vignanello M. Giovanni Stefano (forse Stefani) e Niccolò che conferma che chi coltiva terreni di proprietà della commenda è soggetto al terratico, cioè ad un affitto da corrispondersi in natura. Ciò vuol dire che per un periodo di tempo la Commenda non aveva ricevuto i frutti di propria spettanza.

Nel frattempo continuano gli arrivi di serve e servi, che alla fine risulteranno essere in tutto sei.

Per tutto il 1577, Niccolò, con l’aiuto di artigiani di Vignanello e Soriano, ripara e riatta sia la casa che la chiesa. In più, vengono chiamati cinque contadini a prendersi cura dell’orto della Commenda.

Nel 1578, Niccolò è impegnato soprattutto sul fronte giudiziario, per cui ricorre varie volte al Vescovo di Civita Castellana per diverse liti con contadini vignanellesi, di uno dei quali ci è stato tramandato il nome: Lallo d’Agostino.

Nel corso del 1579, vengono effettuati importanti restauri sia nella casa che nella chiesa:

“A m.(astr)o michele legniaiuolo da vignianello a buo(n) co(n)to delle sue giornate che a fatto una porta a una chamera e una finestra della chasa di s.(an)ta m.(ari)a cintigniano baiocchi 30“

“A m.(ast)ro michele fallegniame fiorentino di vignianello pp(er) giornate che ha lavorato acintignano pp(er) adornamento di legno atorno allaltare di s.(an)ta m.(ari)a cintigniano e pp(er) fare il telaro della ditta madona al tabernacolo e pp(er) fattura di 4 porte ciò(è) della stalla di dua chamere della sala e della porta di sala e finitura della p(or)ta davia e pp(er) suo resto in(tut)to auto sc. uno con(tan)ti”

In più viene riparato il tetto della piccola cappella davanti la chiesa, ora scomparsa.

 “A m.(ast)ro bartolomeo muratore et a suo fratello pp(er) 6 giornate infra(tu)tti adua sc(udi) uno  e b(aiocchi) 50 aragione di b(aiocchi) 25. la giornata alloro spese et b(aiocchi) 60 a u(n) manovale pp(er) 4 giornate aragione di b(aiocchi) 15 il giorno assue spese pp(er) aver ristaurato la capella cioè rifatta il tetto rimurato la cornice di pietra attorno il tetto rinbochatola t.(u)tta aricciatola  et intonachatola tutta e ristaurato il muro t(u)tto dietro ala chapella ditta che sta dava(n)ti la chiesa di s.(an)ta m.(ari)a cintigniano che(….) il t(u)ttova in co(n)to di miglioramenti co(n)sta in(tu)tto 2 scudi baiocchi 10”

“Pagati a m.(ast)ro bartolomeo muratore che sta a vallerano baiocchi 15- pp(er) due pezzi di cornice di pietra che a fatti di nuovo li quali si sono messi alla sop(r)a scritta chapella”.

Nel 1580, Niccolò affitta per tre anni i beni della Commenda di S. Alo di Terni e di S. Maria di Centignano a Don Giulio Cesare Colonna e nel 1581 lascia Centignano per Terni, in cui si è lasciato l’utilizzo della Chiesa. Era una decisione abbastanza comune fra i Commendatori e probabilmente Niccolò l’ha presa nel momento in cui sia le pendenze legali che lo stato dei fabbricati a Centignano erano state stabilizzate. Ma prima di lasciare la nostra Commenda fa un ultimo atto che ancora oggi rappresenta uno degli elementi caratteristici della chiesa:

Addì 28 di aprile (1581)

“A co(n)to di miglioramento sc(udi) 2- pagati a m.(astr)° donato muratore a buo(n) conto pp(er) sua giornate a intonacare e inbianchare la sala e la facciata della chiesa di s.(an)ta m.(ari)a cintigniano et pp(er) rapezzare la finestra dellantichamera di detta chasa e murare un arme di marmo sop(r)a la chiesa pagò diego mio fattore sc(ud)i 2”.

Questo è lo stemma che ancora campeggia sulla porta della chiesa.

stemma

Da qui in avanti si perdono le tracce del Commendatore Niccolò Tornaquinci, che morirà nell’estate del 1586, ed anche la vita della Commenda di Centignano dopo il 1581 rimane avvolta per il momento nel mistero.

© MAURIZIO GRATTAROLA 2017